Iniziamo da una cosa semplice da dire: il risultato. Ora tutto il resto. Roba complicata da riassemblare. Tre volte la sensazione che la stoccata vincente fosse dell’italiano, invece i giudici due volte decidono di non decidere e li rimettono in pedana.
La terza volta, quella che pone fine al duello, si alza il braccio destro dell’arbitro, indica il fiorettista hongkonghese. Tocca a Filippo: reagisce e prepara il colpo, Pippo prende l’iniziativa e trova il sorpasso. 5-4. Ancora l’hongkonghese: batte sul ferro e tira, 6-4.
7-5. L’8-6 a distanza ravvicinata, doppio colpo per il 9-7. 13-12, l’azzurro è avanti per la prima volta. La trova.
Bersaglio non valido, si torna in pedana. All’ultima stoccata: finale thrilling, stoccata di entrambi, esultano tutti e due, attacco e contrattacco. Decide il video ma è una chiama che dura tantissimo: il giudice non decide. Non esprime alcun verdetto.
Ma la polemica finale copre l’epilogo: c’è rabbia, tanta rabbia per la sensazione che anche nel fioretto maschile l’Italia sia stata danneggiata dalle decisioni – e dalle non decisioni precedenti – dei giudici. Il primo allenatore è stato nonno Carlo che, della disciplina, resta una istituzione a livello nazionale. Serve come l’aria, questa medaglia all’Italia e alla scherma: l’avvio non è stato esaltante e, al di là di qualche dubbia decisione arbitrale, va detto che finora le aspettative sono state disattese. 22 anni sono un’inezia e lasciano gustare un potenziale e una prospettiva illuminanti.
Avrebbero potuto essere ottimi ma qualcuno ha deciso che non dovesse essere così.